LE SIBILLE
Le fate dei Monti Sibillini
La Sibilla è una vergine, giovane ma talora pensata anche come decrepita, la quale quando viene ispirata e quasi posseduta da Apollo rivela il futuro: “Sibylla dicitur omnis puella cuius pectus numen recipit” (Serv., Ad Aen., III, 445). Questa della Sibilla è una concezione essenzialmente popolare, riconoscendo tutti i popoli alla donna una maggiore recettività e una conseguente maggiore capacità di soggiacere al possesso di un nume e di esprimerne la volontà.
Sono fate la cui storia è indissolubilmente legata alle tradizioni leggendarie e popolari che si originano dalla presenza dell’oracolo della Sibilla Appenninica. Di loro non si ritrovano tracce nei racconti e nei miti del contado ascolano, masoltato narrazioni tramandate delle zone di montagna comprese tra il massiccio del Vettore e monte Sibilla, ci sono: le “fonti delle fate”, i “sentieri delle fate” e la “strada delle frate”. Queste affascinanti creature si muovevano tra il lago di Pilato, dove secondo la tradizione si recavano per il pediluvio, ed i paesi di Foce, Montemonaco, Montegallo, tra il Pian Grande, il Pian Piccolo ed il Pian Perduto di Castelluccio di Norcia e Pretare, dove ancora oggi una rappresentazione detta “La discesa delle fate” custodisce e rievoca la memoria della presenza di queste creature. Uscivano prevalentemente di notte e dovevano ritirarsi in montagna prima del sorgere delle luci dell’aurora per non essere escluse dall’appartenere al regno incantato della Sibilla. Secondo le tradizioni locali le fate sibilline, ancelle della Sibilla, si recavano a valle per insegnare alle giovanii la filatura la tessitura delle lane.